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28/04/2013
L’estate della cicala
Alzi la mano chi, nelle notti d’estate, non ha mai voltato lo sguardo ed ascoltato il canto melodioso di una cicala? E chi, invece, è riuscito almeno una volta a osservarla immobile tra i rami? Nell'attesa dell'estate, proponiamo una breve e speriamo piacevole digressione inerente a quest’insetto, simbolo per eccellenza della musica, che preannuncia con il suo cicaleggio l'ingresso dei mesi più caldi.
Le cicale appartengono alla categoria degli Omotteri, dispongono di un corpo tozzo, di dimensioni variabili dai 2 a 4 centimetri. Testa grande, occhi sporgenti e ali trasparenti e ricche di nervature ne completano l'aspetto esteriore. Vivono nei paesi tropicali, o con clima caldo-temperato, e in virtu' di una proboscide, si cibano di linfa. Il suono che ascoltiamo e che le rende "famose", detto "frinio", si genera allorquando gli organi stridulanti, che si trovano ai lati del ventre, iniziano a contrarsi, dando vita alle vibrazioni che risuonano nell’addome, riempito da sacchi aerei.
Lo emettono i maschi al fine di attrarre le femmine per l'accoppiamento, terminato il quale, già dopo poche ore vengono deposte le uova. Le cicale sono emimetaboli, il che determina una lenta metamorfosi che fin dalla nascita, le conduce poi a divenire insetti adulti.
Dalle uova, infatti, fuoriescono piccole larve (definite ninfe), prive di ali, che con l'ausilio di zampette idoneee a scavare, penetrano nel terreno e danno vita alla prima fase del ciclo di vita, assorbendo il nutrimento direttamente dalle radici.
Al termine di questa prima sezione del processo, emergono in superfice, si addossano a qualche tronco e abbandonano il vecchio involucro ninfale, dando il via ad una successiva e breve fase in cui riposano pr qualche ora, giusto il tempo per consentire alle ali di stendersi, nel mentre il nuovo corpo assume una colorazione più scura.
Sebbene all'orecchio possano risultare identici, in realtà ogni specie emette un suono diverso. La la cicala australiana è considerata in assoluto la più rumorosa. Una delle ipotesi che è stata formulata è quella che ritiene che una siffatta intensità dipenda dalla volontà di stordire o confondere i predatori nelle vicinanze.
Già in antichità e nel mondo greco, circolavano leggende che narravano dell'inoperosità che fa da contraltare alla diligente e costante attività della formica. Celebre è la favola di Esopo dal titolo “La cicala e la formica”, dalla quale poi si dipartono numerosi detti popolari tuttora in voga.
Ilaria Licenziato