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Le dolci e miti giraffe.

03/02/2014

Le dolci e miti giraffe.

Le giraffe sono un genere di mammiferi erbivori, appartenenti alla specie Giraffa camelopardalis, presente in tutta l’Africa centromeridionale.
Sono animali che possono raggiungere i 5 m di altezza e superare anche la tonnellata di peso: i maschi sono solitamente più grandi delle femmine.

Sono caratterizzate dall’avere un collo molto lungo, dato da un grande sviluppo del corpo vertebrale, conservando lo stesso numero delle cervicali proprio della classe dei mammiferi. Grazie all’estensione di questa parte anatomica, possono raggiungere le foglioline dei rametti più alti degli alberi, che portano facilmente alla bocca mediante la lunghissima lingua di colore blu scuro.

La loro espressione è nell’insieme dolcissima, hanno il muso allungato, gli occhi grandi e dotati di foltissime ciglia nonché la fronte munita di piccole corna permanenti, di natura ossea e ricoperte di pelle.

Alquanto singolare è il mantello di fondo chiaro con grandi macchie poligonali scure, tipiche di ogni soggetto come fossero una impronta digitale.
Il loro procedere è dato dal movimento sincrono delle zampe dello stesso lato e si precisa che sono velocissime, pur avendo gli arti anteriori più lunghi di quelli posteriori. Questa conformazione degli arti, li obbliga al momento dell’abbeverata o mentre brucano, ad assumere una curiosissima posizione a zampe anteriori divaricate, rendendoli purtroppo vulnerabili all’attacco di eventuali predatori.

Le giraffe solitamente amano vivere in gruppo e si riproducono facilmente, anche in condizioni di cattività. Molto noto è il “necking”, ossia il prendersi a colpi con il collo, comportamento tipico dei maschi per la loro affermazione nella gerarchia sociale ma anche per farsi notare dalle femmine in calore. Ad ogni modo, fondamentalmente, sono animali pacifici, quasi paurosi, tanto che non avendo molti mezzi di difesa, la loro caccia è, per fortuna, priva di alcun interesse umano.

Storicamente erano già note al tempo dei Romani, ma si racconta che Lorenzo de’ Medici e più tardi re Carlo X di Francia ne possedessero alcuni esemplari. 

Letizia Passantino

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