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Un giorno questo dolore ti sarà utile..

03/03/2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile..

17 anni, tutta la vita davanti, strade che sembrano obbligate, scelte che appaiono controtendenza. Lo sa bene James Sveck di New York, nell’estate prima di frequentare la Brown, che di percorrere tragitti “normali” non ne ha proprio voglia. I suoi coetanei gli risultano superficiali e stupidi, poco interessanti…o forse solo stereotipi di una società che prevede cose da fare, oggetti giusti o sbagliati da avere, discorsi adatti all’età che si ha. Il giovane solitario trascorre i suoi mesi nell’afosa e vuota galleria d’arte della madre, cercando un’alternativa all’università: comprare una casa nel Midwest dove leggere e godere della sua solitudine senza dare spiegazioni a nessuno. Non ama le parole superflue, non vuole nuove amicizie, e soprattutto è deciso a non accontentare i genitori divorziati, che lo considerano un adolescente turbato e lo vorrebbero sano di mente…sì, perché i suoi atteggiamenti al liceo non sono stati quelli di un ragazzo conforme alla media, e per il suo carattere
schivo lo spediscono da una terapeuta con cui ha le conversazioni più irritanti della sua vita. Le uniche due persone da cui si sente compreso sono, un collega col quale litigherà per uno scherzo di cattivo gusto, e Nanette, la sua amata nonna, nella cui casa si rifugia per non sopportare l’indole troppo gioiosa della sorella, e l’umore della madre, dopo un matrimonio durato pochi giorni. Raccontare la trama del romanzo di Peter Cameron, sembra riduttivo, perché non è tanto l’intreccio del libro a colpire, piuttosto sono i temi che tocca e lo stile che adotta, che coinvolgono il lettore nella storia di un giovane uomo che si affaccia alla vita inconsapevole eppure già così disincantato, così deciso a non “liquidare” ciò che gli è entrato nel cuore, eppure così distaccato negli affetti.Roberto Faenza, regista del best-seller di Cameron, nelle sale cinematografiche dal 24 febbraio, porta sullo schermo la tipica famiglia americana, non riuscendo però a far immedesimare pienamente lo spettatore nel giovane James (interpretato da Toby Regbo), che a tratti risulta fastidioso e i suoi problemi un po’ ridicoli. Sarà che è troppo bello, ricco e colto, sarà che
la madre colleziona mariti, il padre ricorre alla chirurgia estetica, la sorella ha una relazione col suo professore molto adulto e molto sposato, sarà che non hanno nessun tipo di problema economico…il tutto può risultare al più cinico degli amanti del cinema, oltre che lontano dal nostro
mondo, un romanzo di formazione troppo forzato e poco interessante. Il personaggio più riuscito, o forse più umano, è l’ultimo marito della madre di James, il giocatore compulsivo, interpretato da Stephen Lang (tra i suoi film “Avatar” e “Terra Nova”), piange, si arrabbia, sta in piedi sotto la pioggia e chiede perdono per i suoi errori. Di certo, sia il romanzo che il film, rispecchiano il piccolo grande dramma che gli adolescenti di oggi vivono nel momento delle grandi scelte: dove trovare modelli con simili genitori? E perché sentirsi tutti grandi geni, futuri medici, futuri avvocati e manager?

Giuliana Scamardella

 

 

 

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