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21/08/2014
Napoli-Athletic Bilbao. Un'analisi tattica, un punto per ripartire.
Sfida caldissima ed equilibrata doveva essere, quella tra Napoli e Athletic Bilbao, e tale è stata. Il discorso qualificazione resta ancora aperto, ovviamente, ma il risultato di 1-1 certo non mette tranquilli gli Azzurri, in vista del ritorno al San Mames della settimana prossima. Servirà il miglior Napoli, in terra basca, per staccare l'ambito biglietto d'accesso alla fase a gironi della massima competizione continentale.
Il match, invero, era cominciato nel migliore dei modi, con l'affettuoso ricordo che al giovane Ciro Esposito è stato tributato dalla "sua" Curva, e con le note dell'inno UEFA, che come sempre ha innescato l'urlo del quasi cinquantamila del San Paolo, quell'urlo che fa vibrare i sismografi della vicina Università Federico II e che fa tremare le vene e i polsi ad ogni avversario si presenti al cospetto della torcida Azzurra.
In campo, però, la nota "musichetta" non si è trasformata così semplicemente in una marcia trionfale pro-Napoli, anzi. Dopo un inizio teso ma grintoso, in cui pareva che gli Azzurri imponessero all'incontro l'andamento auspicato, i biancorossi hanno cominciato a rintuzzare le azioni dei ragazzi di Benitez, sciorinando un pressing a tutto campo e facendo notevole densità sulla mediana. Tuttavia in quel settore, per tutta la gara, il Napoli non è mai apparso in minoranza numerica, soprattutto grazie alla grinta strabordante di un Gargano che ha inseguito, "morso le caviglie" e sradicato palloni dalle gambe di chiunque indossasse una maglia a strisce -in barba alle critiche e alle voci di mercato, mai confermate, che lo vedrebbero sicuro partente- e grazie al lavoro di continuo, costante movimento svolto da Jorginho. Ai due centrali di centrocampo, ad infittire la mediana (come chiesto a gran voce dal tecnico) si sono uniti a più riprese i due centrali difensivi, in fase di possesso palla e proposizione, alternandosi ai continui ripiegamenti dei due esterni, Callejon e Insigne, quando c'è stato invece da andare a coprire la metà campo azzurra, in fase di non possesso.
In questo, soprattutto nell'applicazione di questo movimento -vitale per gli equilibri del gioco di Benitez- sono stati bravissimi, l'ex-madridista e il nazionale Azzurro. Ma, ad inizio stagione, il continuo raccordo tra attacco e difesa, i tanti chilometri macinati dai quattro giocatori citati, non poteva non significare un dispendio d'energia importante. E si può ben immaginare che è innanzitutto per questo motivo che sia Insigne che Callejon, quando si sono trovati soli di fronte al portiere basco, non hanno avuto la necessaria lucidità per ribadire in rete le grandi occasioni che sono capitate loro. Stesso discorso per i numerosi passaggi imprecisi che hanno inanellato, in particolare negli ultimi venti minuti, Gargano e Jorginho.
Certo, l'impegno e il massimo agonismo non sono mancati in nessuno dei giocatori impiegati da Rafa Benitez, ma un discorso a parte dev'essere doverosamente fatto per il furetto belga Mertens e per il Pipita Higuain. Il rapidissimo Dries, spesso inserito dall'allenatore a partita in corso, è stato ancora una volta artefice del vero cambio di marcia della squadra partenopea. E ancora una volta c'è da osservare che proprio questa "staffetta" tra lui e Insigne risulta letale per le difese avversarie. Così Mertens anche ieri ha dato piena ragione alle scelte di Benitez, avendo nelle sue corde proprio quel cambio di passo, quel puntare all'area avversaria da qualunque lato gli capiti, che ieri serviva all'attacco azzurro come un bicchiere d'acqua per un assetato. Dal suo piede sono partite tutte le azioni più pericolose che il Napoli ha creato nella sua fase migliore, quella che solo per una serie di casi fortuiti e di grandi parate del numero uno spagnolo non ha visto compiersi la completa rimonta della squadra di casa.
L'attaccante vicecampione del mondo, infine, ha confermato ancora una volta di essere un giocatore di qualità assoluta e dal rendimento fuori dall'ordinario, sempre, in qualunque condizione fisica si trovi e in tutti i possibili contesti in cui ha operato. Per lunghi tratti della partita, ieri sera, e in particolare quando il Napoli si è trovato nella necessità di abbassare il baricentro della manovra, Higuain ha letteralmente fatto reparto da solo, non disdegnando nemmeno lunghe sgroppate per andare a pressare il portiere avversario, col solo intento di far risalire i compagni.
Un pezzo di rara bellezza, poi, è stato il suo gol. Un campionario di abilità tecnica, potenza fisica, visione della porta ed equilibrio, tutto espresso nei tre secondi circa, nei quali, dopo uno stop impossibile ad addomesticare un passaggio non pulitissimo, ha messo palla a terra e ha fatto fuori i tre difensori che lo marcavano strettissimo e ha scaricato in rete con un diagonale di rara potenza, scoccato con tutta la rabbia che esprimeva specularmente lo stato d'animo dell'intero stadio. Una stoccata che pareva dicesse "io non ci sto!".
Ed è proprio da quel suo urlo, dalla rabbia del Pipita, dalle stesse dichiarazioni che il "nove" Azzurro ha rilasciatilo nell'immediato dopopartita, che l'undici di Benitez deve prendere spunto per andare a sbancare il San Mames, quella "Catedral" nella quale nessuna squadra italiana ha finora mai vinto. Sette giorni, tanto manca alla resa dei conti. E sarà sfida senza appello.
Carmine Ciniglia