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13/04/2012
L'affascinante storia dell'evoluzione dell'uomo.
Trovare “l'anello mancante” tra l'uomo e la scimmia è sempre stato il sogno di qualsiasi paleoantropologo, quel tassello che tormenta gli studiosi dell'evoluzione; a tal proposito fondamentali sono stati negli ultimi anni tre ritrovamenti di nuove specie di ominidi.
Il più famoso è sicuramente quello di un bambino, ritrovato nel 2010 in Sud Africa dal Prof. Berger dell'Università di Johannesburg, sia per la numerosità delle ossa che per l’eccezionale stato di conservazione. Questo si colloca evolutivamente e temporalmente tra l'Australopiteco, presente in Africa 3,9 milioni di anni fa, e l'Homo habilis, nostro progenitore di 2,5 milioni di anni fa, quando le scimmie e l’uomo hanno iniziato a diversificarsi, rivelandosi il possibile “anello mancante”. Tale locuzione è nata nel XIX secolo a causa della mancanza di reperti fossili che completassero le linee evolutive delle forme viventi.
Esistono però delle difficoltà oggettive nel ricostruire il nostro passato.
Si potrebbe affermare che non c’è una linea evolutiva diretta, quanto piuttosto una folla di protagonisti, che ad ogni nuova loro scoperta sembrano rivoluzionare di volta in volta le nostre conoscenze sulla preistoria. In passato si pensava che partendo dagli Australopitechi si passasse per l’Homo habilis, l’erectus, il sapiens ed infine il Neanderthal, in realtà ognuno di questi ha un incredibile numero di specie con differenze e similitudini, per cui tracciare l’albero genealogico risulta alquanto difficile, piuttosto oggi è più corretto parlare di un grande “cespuglio genealogico”.
Lucy, il più celebre ominide Australopiteco afarensis, con corpo e cervello come uno scimpanzé, aveva una sua “modernità, rappresentata dall’andatura bipede e dalla forma del piede confrontabile con quella degli “uomini moderni”; ma ella non era sola, in realtà in quello stesso periodo esistevano più specie di ominidi che si spostavano in modo diverso. Infatti è di pochi giorni fa l’incredibile ritrovamento di resti di un piede, appartenente ad una specie diversa ma rivelatesi contemporanea di Lucy, che così ha rivoluzionato ancora una volta la paleoantropologia. Questi resti mostrano il pollice opponibile, un carattere tipico dell’ominide Ardipithecus ramidus, specie che fino ad oggi era stata considerata molto più antica degli Australopitechi, essa poteva camminare bipede ma dondolando come gli scimpanzé, e risalire come loro gli alberi velocemente.
Tali resti sono stati ritrovati in Etiopia, da una equipe di ricerca internazionale coordinata dagli Stati Uniti e la scoperta è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista “Nature”.
Nel corso della storia delle nostre origini, il piede o la mano agile, il cervello più grande, l’andatura eretta, le gambe più lunghe ed il bacino più stretto, hanno caratterizzato il più complesso e delicato evento evolutivo che comunemente viene definito “processo di ominizzazione”, ossia l’affascinante e controverso passaggio dalla condizione animale a quella umana.
Letizia Passantino