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03/02/2018
Brasile 1950: l’Uruguay torna e si riprende la coppa
La lunga e dolorosa parentesi bellica aveva provocato lo stop quasi totale del calcio mondiale: si continuava a giocare in maniera disordinata, mentre le nazionali smisero presto di confrontarsi, anche per via dei rapporti diplomatici sempre più difficili. L’edizione 1942 dei mondiali di calcio, che avrebbe dovuto essere assegnata ad una tra Germania e Brasile, fu annullata, mentre per quella del ’46 mancarono tempo e risorse per l’organizzazione. Continuando a rispettare la cadenza quadriennale, la prima data utile per la disputa di una nuova edizione fu quella del 1950 e come sede fu scelta l’unica candidata, ossia il Brasile.
Oltre alla nazione ospitante, fu ammessa di diritto anche l’Italia campione in carica, risparmiata dall’esclusione che era toccata a Germania e Giappone. Per gli azzurri la partecipazione fu a lungo in forse a causa delle difficili condizioni del paese, ancora devastato dalla guerra ed in piena ricostruzione, e la vigilia fu funestata dalla terribile tragedia di Superga, che coinvolse i calciatori del Grande Torino, una delle squadre più forti di
sempre i cui calciatori rappresentavano la quasi totalità dei nazionali azzurri. Lo shock fu enorme e tale da convincere i nazionali convocati per i mondiali a recarsi in Brasile in nave. Per i 14 posti in palio si iscrissero alle qualificazioni 32 nazionali, tra le quali figuravano per la prima volta quelle del Regno Unito. Curiosamente, parteciparono due distinte nazionali irlandesi, rappresentanti di due distinte federazioni ma entrambe chiamate Irlanda e con giurisdizione (e convocazioni) su tutta l’isola senza tener conto dei confini politici esistenti. Nessuna delle due riuscì a staccare il biglietto per il Brasile.
Ancora una volta, parte delle qualificazioni fu decisa dai ritiri delle nazionali iscritte ed alla fine le compagini in gara furono soltanto 13. Alle rinunce di Scozia e Turchia si aggiunse l’esclusione dell’India. La formula del torneo cambiò, con le squadre superstiti divise in quattro gironi e con le prime di ognuno di questi qualificate per un girone finale all’italiana che avrebbe laureato come vincitrice la squadra titolare del punteggio più alto, per la prima ed unica volta nella storia senza disputare una finale.
Il Gruppo 1 vide i padroni di casa del Brasile passare a danno di Jugoslavia, Svizzera e Messico, il Gruppo 2 fu invece vinto dalla Spagna, con
l’Inghilterra (assieme al Cile) eliminata dopo aver perso con gli iberici e per 1-0 contro gli USA, in quel match passato alla storia come “miracolo di Belo Horizonte”. L’Italia, in un girone a tre orfano dell’India, non convinse affatto e fu eliminata subito dal 3-2 rimediato dalla Svezia, cui bastò pareggiare col Paraguay (poi sconfitto anche dagli azzurri) per passare il turno. L’ultimo gruppo fu ridotto ad una singola sfida in cui l’Uruguay ebbe vita facile contro la debole Bolivia. Il girone finale vide il Brasile sommergere di gol prima la Svezia (7-1) e poi la Spagna (6-1), mentre l’Uruguay, che aveva pareggiato con gli iberici, riuscì con un faticoso 3-2 ad avere la meglio sugli scandinavi. L’ultima giornata del torneo, il 16 luglio, prevedeva l’ininfluente scontro tra Svezia e spagna e la sfida tra Brasile (4 punti) ed Uruguay (3 punti), che avrebbe incoronato la nazionale vincitrice. Nella caldissima atmosfera del Maracanà, davanti a quasi duecentomila spettatori, la squadra brasiliana scese in campo con atteggiamento offensivo ben conscia del fatto che un pareggio sarebbe stato sufficiente a conquistare la coppa. Il vantaggio di Friaça sembrò aver chiuso definitivamente il discorso ma, in un’atmosfera sempre più irreale, l’Uruguay completò una clamorosa rimonta, cogliendo il pari con Ghiggia per poi segnare il gol vittoria con Schiaffino.
La squadra uruguagia si riappropriò così della coppa a vent’anni esatti dal primo trionfo, mentre il Brasile piombò in un dramma epocale, passato alla storia col nome di “maracanazo”, che coinvolse l’intera nazione. Per oltre due anni la seleçao non disputò alcuna partita ufficiale, arrivando addirittura a cambiare i colori della divisa per lavare la storica onta, passando dal bianco bordato di blu al verde-oro oggi famoso, ma i tifosi dovettero attendere ancora otto anni prima di poter finalmente vedere la propria nazionale sul tetto del mondo.
Francesco De Giorgi