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07/03/2018
Cile 1962: bis del Brasile in un’edizione tutt’altro che memorabile
Per la scelta della sede del mondiale del 1962, la Fifa si mosse con largo anticipo, arrivando ad assegnare la competizione al Cile già nel 1956 preferendolo all’Argentina, unica altra candidata in corsa. Con l’assegnazione avvenuta sei anni prima, per la prima volta venne scelto come organizzatore un paese di secondo piano dal punto di vista calcistico, oltre che piuttosto povero, e la cosa avrebbe creato non pochi
problemi in fase di disputa del mondiale. Ad aggravare la situazione, il terremoto che nel 1960 distrusse il paese. Dalla fase di qualificazione non emersero particolari sorprese, con le principali nazionali tutte agevolmente qualificate. Per la seconda volta non ci furono nazionali asiatiche, né africane, con il Marocco eliminato dalla Spagna e la Corea del Sud estromessa dalla Jugoslavia negli spareggi.
Dopo lo choc del mondiale svedese, stavolta l’Italia non fallì l’obbiettivo: favorita dal ritiro della Romania, dovette conquistare il pass per il Cile in un doppio confronto con un Israele ancora troppo acerbo. Dopo aver pareggiato all’esordio contro la Germania Ovest, gli azzurri si presentarono a quella che sarebbe diventata poi tristemente famosa col nome di “battaglia di Santiago” con la necessità di vincere per sperare di poter continuare il cammino. Il match vide gli azzurri soccombere per 2-0 al termine di una vera e propria rissa durata novanta minuti. La resistenza degli italiani, ridotti in otto dalle espulsioni di Ferrini e David e dalle condizioni di Maschio, in campo frastornato e col naso rotto in un’epoca dove ancora non erano consentite le sostituzioni, durò comunque fino al ’73 prima di essere superata dal gol di Ramirez. Nell’ultima giornata del girone la sconfitta del Cile con la Germania Ovest rese inutile il successo azzurro con la Svizzera, rispedendo a casa la nostra rappresentativa.
Va comunque detto che la nazionale italiana del ’62 era una formazione di medio lignaggio, non completa e forte per poter competere per la vittoria finale, ma neanche così debole da essere eliminata al primo turno in quel modo. Va rimarcato il fatto che la rosa azzurra era in quegli anni arricchita da molti oriundi tra i quali, oltre al già citato Maschio, si segnalavano Sivori ed Altafini. Una delle conseguenze principali dell’eliminazione (e di quella successiva del ’66) fu proprio la scomparsa degli oriundi dalla nazionale italiana per un lungo periodo. Superato il girone, il cammino del Cile andò ancora avanti. I sudamericani, dopo aver sconfitto l’URSS, furono sconfitti dal Brasile ma strapparono addirittura il terzo posto ai danni della Jugoslavia.
I quarti erano già stati fatali ad Inghilterra, Germania Ovest e Ungheria, tutte nazionali abbastanza quotate. La finale fu disputata dalla Cecoslovacchia e dal Brasile rimasto orfano di Pelé dal terzo incontro in poi a causa di un infortunio. La nazionale verdeoro trovò comunque un validissimo sostituto in Amarildo, che avrebbe poi trovato fortuna in Italia con le maglie di Milan, Fiorentina e Roma. La partita vide i brasiliani, esattamente come quattro anni prima, andare in svantaggio nei primi minuti grazie ad un gol di Masopust, ma il subitaneo pareggio proprio di Amarildo rimise in parità il match, prima che Zito e Vavà chiudessero i conti sul 3-1 finale. Per il Brasile fu l’apoteosi, in precedenza soltanto l’Italia era riuscita a conquistare due coppe consecutive e la nazionale verdeoro sarebbe stata ancora per molti anni in grado di dire la sua, fino a conquistare il terzo trofeo iridato nel 1970.
Francesco De Giorgi