InfoNapoli24

#
 

Notizie » Cultura » Arte e Teatro

Grandi donne dimenticate: Eleonora Duse

07/03/2012

Grandi donne dimenticate: Eleonora Duse

Nacque in una locanda a Vigevano nel 1858 da genitori attori, Alessandro Vincenzo Duse e Angelica Cappelletto (non molto contenta della vita da nomade a cui fu costretta dal marito). La compagnia di cui facevano parte, ereditata dal nonno paterno di Eleonora, non la risparmiò dalle scene e a soli 4 anni interpretò Cosetta de “I Miserabili”. Lacrime vere le sue, indotte da schiaffi sulle gambe prima di calcare il palcoscenico. Già a 12 anni sostituiva la madre in ruoli di prim’ordine: a 23 anni era protagonista indiscussa, a 29 capocomico. Nelle donne di cui vestì i panni, sapeva aggiungere quel pizzico in più che le rendeva reali, riusciva a rappresentare tutti i valori del mondo borghese, il denaro, il sesso, il matrimonio, il ruolo femminile nella società di allora…ma lo seppe fare in maniera innovativa, mostrando il vero volto dietro la maschera di perbenismo della classe dominante, interpretandone la crisi. Partiva dai copioni originali, per aggiungere note e commenti, al punto da stravolgere le opere; il tutto senza suscitare l’ira di chi scriveva (Victorien Sardou e Alexandre Dumas figlio), perché era un successo garantito con Eleonora Duse. Indossava gli stessi abiti fuori e dentro il teatro, diceva che voleva far comprendere meglio agli spettatori quelle infelici donne, e confortarle; ma che finivano loro per consolarla. Si sposò con un attore, Tebaldo Checchi nel 1881 e pochi mesi dopo nacque la figlia Enrichetta. Il loro amore durò poco. A Roma nel 1882 conobbe Gabriele D’Annunzio che poi reincontrò dopo aver interpretato la “Signora delle Camelie”; ancora scossa dal pianto della scena, un grazioso giovanotto si affacciò nel corridoio del suo camerino per gridarle: “O grande amatrice!”. Era lo scrittore che aveva già pubblicato 3 opere, più giovane di 4 anni, ma incredibilmente attraente, con “qualcosa di ardente nella sua persona”, come disse la stessa Duse.
Nel 1892 esce la nuova opera di D’annunzio “Elegie Romane” con tanto di dedica “Alla divina Eleonora Duse”. Dalla lettura dei suoi libri nasce nell’attrice il desiderio di conoscere lo scrittore; desiderio esaudito a Venezia nel 1894. Il loro legame, tra alti e bassi, durò 10 anni. L’amabile Eleonora era acclamata nei teatri d’Europa e oltre oceano, e i due stabilirono un patto non proprio equo: lei avrebbe portato in scena i suoi dramma ( Il sogno di un mattino di primavera, La Gioconda, Francesca da Rimini, La città morta, La figlia di Iorio) e ne sarebbe stata anche la finanziatrice. Tuttavia lui, non smise mai di vedere altre donne. La fama di Gabriele D’Annunzio dipese molto dalla Duse che attirava su di sé l’attenzione della critica, questa volta non molto benevola per le trame dello scrittore. Questi non fu proprio un galantuomo, dando tutta la colpa dei suoi insuccessi all’amante e attrice. Per questo la sostituì con l’eterna rivale, Sarah Bernhardt per la prima rappresentazione francese “Le ville morte”. Non si fece molti scrupoli nel raccontare i dettagli più intimi della sua storia d’amore con Eleonora Duse, nel romanzo “Il fuoco”. Le tolse il ruolo da protagonista ne “La figlia di Iorio” inviandole un biglietto: “Il teatro è un mostro che divora i suoi figli, devi lasciarti divorare”. Ma lei disse: “Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata,umiliata. Gli perdono tutto perché ho amato”. Recitò in un film e frequentò artisti, scrittori e intellettuali; intrattenne relazioni molto chiacchierate con due donne. Costretta dai debiti tornò in teatro nel 1921. Morì nel 1924 di polmonite durante una tournèe a Pittsburgh, in America. Anni dopo, quando D’annunzio seppe della sua morte, disse: “è morta quella che non merita”. Forse, avrebbe dovuto pensare prima quanto meritava questa donna generosa e talentuosa.
Giuliana Scamardella

twitter